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Orfani di femminicidio e la ‘trappola’ del dolore: il 36% ha visto morire la madre

TorinoOrfani di femminicidio e la ‘trappola’ del dolore: il 36% ha visto morire la madre

ROMA – Non ci sono stime ufficiali su quanti siano gli orfani delle vittime di femminicidio in Italia. Certo è che le ferite che portano i figli che sopravvivono a questi orrori sono indelebile. Alcune vittime di
‘casi’ illustri hanno cercato di ‘ricominciare’ ‘cancellando’ la figura del padre assassino come ad esempio Vittoria che aveva poco più di un anno quando suo padre, Salvatore Parolisi, uccise sua madre Melania Rea da più di 30 coltellate. Oggi quella bambina è cresciuta e ha ottenuto di poter cambiare il suo
cognome da Parolisi a Rea. E se ne potrebbero elencare altri di casi come quello dei figli di Stefania Formicola, uccisa nel 2016 in provincia di Napoli, che portano il cognome materno, e ancora Valentina Belvisi che non ha voluto, anche lei come tanti, portare più il cognome del padre.

In occasione della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che ricorre oggi ‘Con i Bambini’ ha presentato questa mattina, in conferenza stampa, i primi dati inediti sugli orfani di femminicidio presi in carico dai progetti alla presenza di Marco Rossi Doria presidente di Con i Bambini,
Maria Teresa Bellucci vice ministra al Lavoro e alle Politiche Sociali, Vanessa Pallucchi portavoce del Forum del Terzo Settore e Giorgio Righetti direttore di Acri.
 

‘Con i Bambini’- come hanno dichiarato in conferenza- nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha avviato ‘A braccia aperte’, la prima iniziativa di sistema in loro favore e a supporto delle famiglie affidatarie.

E ancora: ‘Vengono definiti ‘orfani speciali’ perché la perdita di uno dei genitori è avvenuta per mano di un coniuge. Ma sono doppiamente orfani, perché la perdita della madre per mano del padre significa anche che l’altro genitore non ha più contatti con i bambini e questi divenuti maggiorenni e consapevoli dell’accaduto quasi sempre non vogliono più vederli’.

I NUMERI

Sono 157 gli orfani presi in carico dai quattro progetti finanziati da ‘Con i Bambini’. Questo dato è variabile perché altri 260 in tutta Italia sono stati già agganciati dai partenariati gestori, e a
breve inizieranno anch’essi un percorso di sostegno e accompagnamento con le loro famiglie. Il progetto ‘Orphan of Femicide Invisible Victim’ segue il Nord Est, mentre nel Nord Ovest opera il progetto
S.O.S. – Sostegno Orfani Speciali. Nel Centro Italia è attivo il progetto Airone, al Sud RESPIRO – Rete di Sostegno per Percorsi di Inclusione e Resilienza con gli orfani speciali.

La percentuale più alta di orfani accompagnati riguarda il Sud, al momento (ottobre 2023) ci sono 100 orfani presi in carico grazie al progetto Respiro. Ma il dato è fortemente in crescita. Per il 74 per cento dei beneficiari l’età di ingresso nel progetto è tra i 7-17 anni, per il 17% l’età è compresa tra 18-21 anni e per il rimanente 8% l’età è inferiore a 6 anni. Di questi, il 56% sono di sesso maschile e il 43% femminile (1% non specificato). Il 95% dei beneficiari presi in carico ha la cittadinanza italiana, solo il 5% ha cittadinanza di altri paesi UE o extra- UE. Nel 36 per cento dei casi i bambini erano presenti al momento dell’evento. Questo elemento ha conseguenze che condizioneranno ancor più pesantemente per gran parte della vita.

L’IMPATTO PSICOLOGICO SU ORFANI MINORI È DEVASTANTE

I minori che diventano orfani a seguito di tali tragici eventi- dichiara ancora ‘Con i bambini’- subiscono un impatto psicologico devastante, il quale inevitabilmente influisce negativamente sulla loro sfera emotiva e relazionale. Le conseguenze psicologiche creano una vera e propria sindrome denominata ‘child traumatic grief’. Il bambino, sopraffatto dalla sofferenza e dalla reazione al trauma, diviene incapace di elaborare il lutto, trovandosi intrappolato in uno stato di dolore cronico.

IL 13% DEGLI ORFANI PRESENTA DISABILITA’ PRECEDENTE AL TRAUMA

Il 13% degli orfani presenta forme di disabilità (precedenti al trauma); tra le più comuni vi sono disabilità intellettive e relazionali e un ulteriore 8% presenta Bisogni Educativi Speciali (BES), disturbi evolutivi specifici o disturbi psichici. E ancora: Il 42% oggi vive in famiglia affidataria, il 10% vive in comunità e il 10% con una coppia convivente. Solo il 5% è stato dato in adozione e vive con una famiglia adottiva. L’83% delle famiglie dei beneficiari arriva a fine mese con grande difficoltà, spesso per la necessità di circondarsi di professionisti e specialisti per supportarli con i bambini, come emerso dalle interviste ai caregiver, ovvero di chi si prende cura del minore. Ciò nonostante, gli spazi in cui la famiglia vive risultano essere adeguati ai bisogni dei domiciliati nella gran parte dei casi. I nuclei familiari includono in media tra i 3 e i 5 componenti compresi i bambini.

QUALE AIUTO?  

La condizione socio economica degli orfani e delle famiglie affidatarie è un altro elemento discriminante per la crescita di bambini e ragazzi che hanno subito un trauma così forte. ll 52 per cento riceve misure di sostegno al reddito: il 6 per cento reddito di cittadinanza, il 45% altre misure. L’impossibilità ad accedere agli strumenti a loro tutela, o avere le stesse opportunità degli altri ragazzi non fa altro che acuire ancora di più il discrimine che sono costretti a subire anche per il loro futuro. Il 15 per cento di loro dichiara di avere un reddito annuale inferiore a 12 mila euro, l’8 per cento superiore, mentre per il 77 per cento l’informazione non è nota.

‘CON I BAMBINI’ INCHIESTA CONOSCITIVA SU FENOMENO ANCORA POCO CONOSCIUTO

La realtà dei cosiddetti orfani di femminicidio è tanto complessa quanto ancora sommersa. Così l’azione di prossimità che ‘Con i Bambini’ promuove rappresenta, al contempo, una vera inchiesta conoscitiva del fenomeno. Per inquadrare meglio il fenomeno vanno presi in considerazione i fattori che caratterizzavano la vita dei ragazzi orfani di femminicidio antecedenti all’evento. Gran parte dei nuclei familiari ovvero il 65% non era in carico ai servizi sociali prima dell’evento, nonostante la presenza di elementi di vulnerabilità. Fatta eccezione per 25 casi cioè il 35% dei beneficiari, in cui il nucleo familiare di origine non presentava elementi di vulnerabilità, in tutti gli altri casi, si riscontrano elementi di vulnerabilità che continua a leggere sul sito di riferimento

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