ROMA – “Con l’angoscia giochiamo una partita a scacchi: se la evitiamo cresce, se ci concentriamo su ciò che ci mette paura aumenta lo stesso. Il rapporto è complicato”. Per i giovani spesso ha le forme di una “volontà di non crescere e non esporsi al male: ma quella del male è una sfida inevitabile”. A parlare della sua lezione dedicata a ‘Come affrontare l’angoscia: un’analisi filosofica’ al Festivalfilosofia è Stefano Micali, professore associato all’Università di Lovanio e docente di Antropologia filosofica agli Archivi Husserl, una delle nuove 29 voci quest’anno in programma.
Difficile stabilire una causa soltanto per questa diffusione dell’angoscia: “L’ottimizzazione senza fine sul lavoro, l’uso dei social in cui l’altro esiste solo come pubblico, pensiamo a chi fa selfie o a chi si fotografa mentre mangia un panino, sono tutte cose che rafforzano quest’idea dell’altro che esiste solo come pubblico”, spiega rispondendo ai giornalisti in sala stampa. Allora che fare? Una raccomandazione pratica e immediata il filosofo la dà: “Scrivere un diario“: si diventa un po’ testimoni, un po’ sopravvissuti agli eventi che in quel momento ci angosciano, “nel diario mi leggerò, mi vedrò già oltre, sarò già andato oltre… Anche lo studio delle discipline sociali ha un valore emancipatorio- aggiunge il docente- ma nell’immediato un diario può servire come una cartografia: riesci a fare una storia delle inquietudini e ad operare un distaccamento dal momento dell’angoscia”.
“Se noi pensiamo ai giovani italiani- risponde alla Dire- ci sono tutta una serie di ragioni che motivano quest’angoscia. Se uno pensa al modello anni 50-60 tradizionale, quando sapevi di avere un futuro senza grandi scossoni, e al ritmo dei cambiamenti dagli Anni 70-80 in poi con una possibilità di anticipazione che si è fatta sempre più esile. Se non puoi controllare il tuo comportamento rispetto all’ambiente che diventa sempre più volatile l’angoscia aumenta, non è strano”.
Esiste poi tutto un modo ‘culturale’ di vivere l’angoscia: per l’uomo greco non sarà stata il peccato come per il cristiano, ricorda Micali. “Un certo modo di pensare all’angoscia come un rapportarsi al nulla e senza la paura di un pericolo reale viene dagli esistenzialisti soprattutto. Io dico che la dimensione fondamentale dell’angoscia è l’immaginazione; è autopoetica ovvero si autogenera”.
Sullo sterminio della famiglia nel milanese ad opera del 17enne, alla domanda di un giornalista se abbia a che fare con l’angoscia: “Mi sembra più legato ad altro”, conclude il filosofo.
L’articolo Il filosofo: “Giochiamo a scacchi con l’angoscia, meno selfie e più diari” proviene da Agenzia Dire.
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